Un ricordo di Ray Bradbury nel centenario della nascita.
E una lezione per chi fa comunicazione.
Era il 2006. Ellisse curava tutte le attività di immagine e comunicazione della Comunità Montana di Valle Trompia, nonché la consulenza progettuale per nuovi eventi e nuovi format.
Proponemmo con successo l’idea di un evento (Valtrompia Fantascienza) che affrontasse attraverso la lente degli scrittori e dei registi di fantascienza le grandi problematiche di allora (e di oggi): il clima, la giustizia, la dittatura, le città e così via.
Scoprimmo questa passione in personaggi quali il meteorologo Luca Mercalli, il magistrato Pier Camillo D’Avigo, lo scienziato Roberto Vacca, gli scrittori Sebastiano Vassalli e Giuseppe Lupo e altri ancora, che furono tutti ospiti della manifestazione, un festival di 5 giorni che occupò “visionariamente” i comuni della Valtrompia.
Volevamo però il colpo d’ala, il super nome, il tocco di grande qualità. E così, riuscimmo ad organizzare con tanta ricerca e fatica un’intervista telefonica (era il 2006, la tecnologia delle comunicazioni non era quella di oggi …) con il grande Ray Bradbury, che trovammo a San Francisco nel pieno di una tournée per promuovere il suo ultimo libro.
Registrammo, traducemmo, montammo con il supporto di immagini dei suoi libri e trasmettemmo (la sera del 29 ottobre 2006) l’intervista nel teatro comunale di Gardone Valtrompia, gremito e in assoluto e religioso silenzio, quasi Ray Bradbury fosse lì di persona…
Quest’anno (il 22 agosto per la precisione) ricorre il centenario della nascita del grande scrittore americano, scomparso nel 2012. Ray Bradbury è riuscito nella sua lunga carriera a unire gli elementi visionari della sua letteratura ad una grandissima umanità, il tutto nel quadro di una capacità creativa che ha pochi simili.
Amico fraterno di Federico Fellini, di cui si sentiva (ricambiato) un fratello gemello, lavorò anche nel cinema ad una serie di sceneggiature, tra cui quella del Moby Dick di John Huston. Tra i suoli libri più famosi “Fahrenheit 451”, le “Cronache marziane” e “Il popolo d’autunno”.
Ricordiamo volentieri Ray Bradbury, non solo per il clima “fantascientifico” in cui viviamo ora per la pandemia o per l’esperienza che ci ha legati in passato, ma anche per la sua qualità più grande: saper costruire storie attorno a un’idea, e saperle raccontare (ogni riferimento al claim di Ellisse Communication Strategies è, chiaramente, voluto).
E perché ci ricorda che anche oggi (quando le tecnologie stanno assumendo un ruolo sempre più totalizzante) al centro del fare comunicazione l’elemento umano, e la creatività in particolare, sono ancora centrali. E fanno la differenza.